Riporto con piacere e di intesa con il Collega Giovanni Poletti un suo articolo apparso sul suo blog in merito all'iniziativa nata on line che vorrebbe il cambiamento del titolo professionale di noi Dottori Agronomi, sostituendo il titolo di Dottore con Ingegnere. La'iniziativa mi trova fermamente contrario poichè ritengo che un aumentata visibilità e un miglior riconoscimento della nostra figura professionale, debbano ottenersi col nostro saper cogliere le opportunità di questo momento storico (EXPO2015, nuovo PSR per citarne due) attraverso le già nostre competenze e non appiccicandoci una etichetta solo perchè maggiormente riconosciuta a livello nazionale. Come ha ben detto il Presidente Nazionale Andrea Sisti io ho scelto di fare il dottore agronomo, non ho ripiegato perchè non sono riuscito a fare l'ingengnere!
Ecco il pezzo di Giovanni:
L'ultima revisione del Codice dideontologia per l’esercizio delle
attività professionale degli iscritti all’Albo dell’Ordine dei Dottori Agronomi
e dei Dottori Forestali (Regolamento 2/2013) operata dal CONAF - Consiglio
Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali - afferma che il
titolo professionale costituisce il primo e fondamentale aspetto di identità,
necessario a identificare l’appartenenza alla professione. Il titolo
professionale deve essere usato sempre per esteso e non può essere oggetto di
abbreviazioni che inducano ambiguità interpretative (art.15, punto 1).
In altre parole il titolo
corretto da apporre è Dottore Agronomo / Dottore Forestale o
Dott. Agronomo / Dott. Forestale
Recentemente ha preso corpo
un filone di pensiero particolarmente attivo in Internet che con molteplici
discussioni, talora anche vivaci, si sta spendendo per ottenere il
cambiamento del titolo professionale in Ingegnere Agronomo e Ingegnere
Forestale, adducendo due fondamentali motivazioni:
- presenza di tale titolo in molti paesi
europei (e talvolta anche extraeuropei)
- riconoscimento semplificato e aumentato
presso il grande pubblico con garanzia di migliori opportunità
professionali.
La prima argomentazione appare fuorviante in quanto non finalizzata al riconoscimento di un titolo professionale conseguito nell'ambito dell'Unione Europea per
l'esercizio della professione o per l'armonizzazione di diversi percorsi
formativi, ma solo per giustificare una mera sostituzione lessicale.
La seconda motivazione è viziosa, non esistendo certezze in proposito e
lasciando aperta la strada a ulteriori valutazioni quali gli sciagurati effetti
che deriverebbero consegnando alla figura preminente dell'Ingegnere - e
non dell'Agronomo - proprio quelle competenze e
specificità professionali di assoluto valore che si
tenta di promuovere, in virtù di una sua preesistente e indiscutibile maggiore
presa mediatica.
Nel giro di breve tempo si
svuoterebbe di contenuti e significato la genuina definizione di Agronomo
ammettendo implicitamente anche una incapacità di proseguire nel processo di
valorizzazione di un titolo e di una professione con conseguenze, anche
culturali, assai discutibili.
Un aspetto sottovalutato, ma più che mai concreto in tempi professionalmente
difficili come gli attuali, è che una valutazione unilaterale e agronomocentrica
non trovi sul fronte opposto reale alcuna volontà di condividere il valore
aggiunto del proprio titolo nel mercato del lavoro.
Probabilmente l'attuale peso dei Dottori Agronomi/Forestali
è motivo di malumore poiché, qualora valutato in termini di riconoscibilità
tra le persone comuni e di incidenza in specifici processi lavorativi, risulta
a distanze siderali da altre categorie professionali quali, tanto per rimanere
in tema, Architetti e Ingegneri.
Onestamente, non va
sottaciuto che le motivazioni di questa scarsa penetrazione hanno radici
lontane - ma non troppo - con responsabilità anche imputabili sia ai singoli
soggetti che alle istituzioni di categoria, per non avere saputo cogliere
tempestivamente i mutamenti del mondo rurale e, più in generale,
dell'evoluzione dei tempi.
Ciò è accaduto per le
tematiche afferenti al Verde urbano, alla salvaguardia del Paesaggio o per la
rinnovata sensibilità ambientale generale mentre ora è maggiore la
consapevolezza che lo scarso numero di professionisti presenti sul mercato
impedisce di avere, in una sorta di corto circuito, una adeguata massa critica
che consenta l'emersione della categoria nei tanti settori di
pertinenza.
A fronte di ciò, le domande
che dovrebbero quindi porsi i diretti interessati sono semplici: "se
non siamo sufficientemente riconosciuti e riconoscibili come AGRONOMI ora,
perché ciò dovrebbe accadere dopo l'anteposizione di una nuova
qualifica?" Se non sono i diretti interessati ad essere convinti
delle proprie possibilità e competenze, perché dovrebbero esserlo altri?
I Dottori Agronomi e/o
Forestali siano dunque i primi convincenti testimonial di se stessi!
Da ultimo, se l'utilizzo
dei canali social tra i diretti interessati per informare è
auspicabile e positivo, lo è meno per chiamate a raccolta. Risultano infatti
maggiormente pertinenti per ruolo e incarico i rappresentanti di categoria
convenuti a un tavolo tecnico propedeutico a specifiche riforme. Una discussione
eseguita a valle dell'iter decisionale risulta invece oziosa e fuorviante.
Parafrasando, qual è dunque
un piccolo passo per una grande corsa?
L'uso fiero del
titolo professionale attuale, consegnato per esteso.
Dott. Agronomo GiovanniPoletti
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